Un’altra preziosa scoperta si aggiunge allo straordinario patrimonio archeologico di Pompei. Nei nuovi scavi programmati nel progetto di manutenzione e restauro della Regio V, è riaffiorato un Termopolio – cioè una bottega di generi alimentari – in perfetto stato di conservazione, decorato con l’immagine di una ninfa marina a cavallo e animali di colori talmente vivaci da sembrare tridimensionali (nella foto principale). All’interno di alcuni recipienti, usati come pentole o tegami, sono stati ritrovati addirittura resti di cibo dell’epoca venduti in strada.
Gli specialisti del Parco archeologico stanno studiando il materiale per verificare quanto questa scoperta possa ampliare le conoscenze sulle abitudini alimentari di età romana. “Con un lavoro di squadra, che ha richiesto norme legislative e qualità delle persone, oggi Pompei è indicata nel mondo come un esempio di tutela e gestione, tornando a essere uno dei luoghi più visitati in Italia in cui si fa ricerca, si continua a scavare e si fanno scoperte straordinarie come questa “, ha commentato il ministro per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo, Dario Franceschini.
“Oltre a trattarsi di un’ulteriore testimonianza della vita quotidiana a Pompei, le possibilità di analisi di questo Termopolio sono eccezionali, perché per la prima volta si è scavato un intero ambiente con metodologie e tecnologie all’avanguardia che stanno restituendo dati inediti”, ha aggiunto Massimo Osanna, direttore generale ad interim del Parco. L’impianto commerciale dove è riaffiorato il Termopolio era stato indagato solo in parte nel 2019, durante gli interventi del Grande Progetto Pompei per la messa in sicurezza e consolidamento dei fronti di scavo storici. Considerata l’eccezionalità delle decorazioni e al fine di restituire la completa configurazione del locale, ubicato nello slargo all’incrocio tra il vicolo delle Nozze d’argento e il vicolo dei Balconi, si è deciso di estendere i lavori e di portare a termine lo scavo dell’intero ambiente, in modo da proteggere con un restauro adeguato l’intero contesto.
Al terzo posto nella graduatoria dei 30 musei più visitati in Italia, dopo il Colosseo a Roma e la Galleria degli Uffizi a Firenze, il sito di Pompei – scoperto nel 1748 – ha registrato nel 2019 quattro milioni di turisti, attratti dalle rovine della città sepolta dalla lava e dalla cenere per l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Un motivo di richiamo e d’interesse che giova anche agli altri beni artistici e culturali di tutto il Sud, dalla Reggia di Caserta in Campania a Castel del Monte o alla Basilica di San Nicola in Puglia e ai Sassi di Matera.
Nei mesi scorsi, una suggestiva mostra dedicata alle storie parallele di Pompei e dell’isola greca Santorini era stata allestita alle Scuderie del Quirinale a Roma. Un viaggio a ritroso nel tempo, attraverso opere e preziosi reperti in molti casi mai esposti al pubblico, per mettere a confronto due città accomunate da un’identica fine e preservate nei millenni dalle ceneri vulcaniche. La vita della città vesuviana è rimasta sospesa tra le rovine, nelle sale delle domus e delle terme (nella foto qui sopra), nelle suppellettili e nei reperti organici, nei calchi dei corpi sorpresi dall’eruzione. Un sito archeologico che ha restituito l’immagine di un luogo dove il mondo antico ha cominciato a raccontarsi, come un “immenso edificio del ricordo”.