La Sacra Famiglia del Tondo Doni di Michelangelo che mostra come allenarsi durante la quarantena; le fanciulle della Primavera di Botticelli che improvvisano una danza al ritmo sincopato di Nails, Hips, Heels come in una coreografia da musical; la Medusa di Caravaggio che indossa una mascherina di protezione insieme con la Venere appena uscita dal mare. Più che una divulgazione artistica e culturale è un’autentica profanazione digitale questa versione pop del nostro Rinascimento affidata dalla Galleria degli Uffizi di Firenze alla piattaforma Tik Tok, la più giovane e spregiudicata dei social. E l’aspetto più grave deriva proprio dal fatto che sia stato uno dei più importanti Musei italiani a promuovere questa rappresentazione volgare e blasfema dei suoi capolavori.
È vero che la cultura può e deve anche “divertire”. Ma si tratta d’intendersi sul significato di questa parola. Divertire nel senso etimologico di “volgere altrove”, di “deviare” l’attenzione su temi argomenti diversi da quelli della vita quotidiana – il lavoro, i problemi familiari ed economici – per attirarla invece sulla Grande Bellezza, sull’arte e sulla poesia. Non certo per banalizzare questo patrimonio e renderlo ridicolo, nel maldestro tentativo di accrescere la sua fama e la sua popolarità.
No, non avevano bisogno di Tik Tok i capolavori di Michelangelo, Botticelli e Caravaggio, per essere ammirati e apprezzati dai più giovani. Né tantomeno doveva essere un’istituzione culturale come gli Uffizi, non a caso sotto la direzione del tedesco Eike Schmidt, ad alimentare questo vilipendio di tali opere d’arte. Uno scandalo che non può essere definito altrimenti, anche a rischio di passare per tradizionalisti e bigotti. Altro che “botta di modernità”, come hanno cercato di nobilitarla i responsabili del Museo fiorentino: questa è una commercializzazione mediatica che discende da una mentalità teutonica e mercantile, estranea alla nostra cultura e alla nostra tradizione.
Ha più che ragione perciò Tomaso Montanari, nella sua duplice veste di storico dell’arte e presidente del Comitato tecnico-scientifico per le Belle arti, a chiamare in causa direttamente il ministro Dario Franceschini chiedendogli di intervenire per bloccare questa iniziativa. “Si tratta – dichiara lui stesso – di un’operazione elitaria. La cultura resta dentro il museo e ai ragazzi, meno impreparati di quanto crediamo, si offre la ridicolizzazione dell’arte”. E spiega: “Questi capolavori sono come una finestra che si affaccia sul passato. Il messaggio che passa attraverso Tik Tok è come se mettessimo uno specchio davanti a quella finestra. Specchiamo solo l’attualità, magari quella più becera e ci perdiamo tutto il resto”.
Al contrario di quanto sostiene il critico d’arte e parlamentare Vittorio Sgarbi, questa non è “un’idea geniale”. E verosimilmente non porterà di più i giovani a visitare gli Uffizi e soprattutto a studiare le opere d’arte contenute nel museo. Sgarbi paragona l’iniziativa all’intuizione di Marcel Duchamp che sovrappose i baffi alla Gioconda, ma quella fu una provocazione isolata, uno sberleffo, una scelta dadaista e futurista limitata a un caso specifico. A riprova di ciò, lui stesso aggiunge: “Da quando i ragazzi hanno assistito alla mia trasformazione in opera d’arte quando sono stato portato via di peso dalla Camera, mi riconoscono tutti, persino i bambini dagli otto anni in su”. Quell’episodio, suscitato da un’espulsione della presidenza di Montecitorio per le frasi sessiste e offensive usate dal deputato nei confronti di due colleghe, ha segnato piuttosto un punto di degrado istituzionale che non era stato ancora raggiunto.
Tutto ciò avviene nel momento in cui il ministro Franceschini insedia un dirigente di valore come Massimo Osanna a capo della Direzione generale dei Musei del ministero. E per la prima volta un altro italiano, Alberto Garlantini, viene eletto presidente di Icom, l’organizzazione internazionale che raggruppa le istituzioni museali di tutto il mondo: “I musei – afferma Galantini – sono palestre per formare i cittadini”. Non videogames, aggiungiamo qui, per giocare e scherzare. Il ministro farà bene dunque ad accogliere l’appello di Montanari, per dissociarsi e prendere le distanze dallo “scandalo degli Uffizi”, impedendo d’autorità un danno d’immagine e di credibilità all’intero apparato artistico e culturale italiano.
Giovanni Valentini