Nonostante la crisi e la minaccia dello “spread”, c’è un’Italia che “tira”. Ed è quella della “soft economy”, dell’economia verde, ispirata a criteri di sostenibilità: dalla riduzione dell’inquinamento alle fonti rinnovabili. Un’Italia che in questo campo è anche la “locomotiva d’Europa”, perché detiene la leadership continentale delle performance ambientali nei settori delle materie prime, dell’energia, delle emissioni in atmosfera, dei rifiuti e della cosiddetta “economia circolare”, cioè quella del recupero e del riciclo sulla totalità dei rifiuti.
Dal rapporto “GreenItaly 2018”, il nono realizzato dalla Fondazione Symbola (http://www.symbola.net/) e da Unioncamere in collaborazione con il Conai e Novamont, sotto il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, risulta che negli ultimi cinque anni un quarto delle imprese italiane, circa 345mila, hanno puntato sulla Green Economy per superare la crisi e affrontare il futuro. E perciò sono più competitive ed esportano di più. Nel nostro Paese, ammontano ormai a tre milioni i “i green jobs”, pari al 13% dell’occupazione complessiva nazionale. Si tratta di un valore destinato a salire ulteriormente entro l’anno, con la previsione di una domanda intorno ai 474mila nuovi contratti.
Oltre a rappresentare un antidoto contro la crisi, la “soft economy” costituisce anche un fattore di competitività, offrendo uno stimolo per agganciare e sostenere la ripresa. Le aziende “verdi” mostrano infatti un dinamismo maggiore sui mercati esteri, nettamente superiore al resto del sistema produttivo italiano. Il trend riguarda in particolare le aziende manifatturiere al di sotto dei 500 addetti che nel 2017 hanno registrato un aumento dell’export, fra il 34% che ha investito in questo campo contro il 27% fra chi non ha investito.
L’Italia è arrivata così a conquistare la leadership europea nelle performance ambientali, settore per settore. Con 307 tonnellate di materie prime utilizzate per ogni milione di euro prodotto, l’industria nazionale risulta molto più efficiente della media Ue (455 tonnellate), collocandosi al terzo posto nella graduatoria a 28 Paesi, dietro soltanto al Regno Unito (236 tn) e al Lussemburgo (283 tn). Siamo secondi tra i big europei, alle spalle del Regno Unito, per consumi energetici per unità di prodotto, passando l’anno scorso a un consumo di 14,2 tonnellate di petrolio equivalente per milione di euro dalle 17,3 del 2008. E siamo terzi nella riduzione delle emissioni in atmosfera (104,2 tonnellate di CO₂ per milione di euro prodotto), dietro alla Francia (85,5 tn) e al Regno Unito (93,4 tn). Siamo primi per rifiuti riciclati (79% del totale) e siamo anche i più efficienti tra le cinque grandi economie europee nella riduzione dei rifiuti, con 43,2 tonnellate per ogni milione di euro prodotto, meglio della media comunitaria (89,3 tn) e della stessa Germania (67,6 tn). E infine, nell’economia circolare, quella del recupero e del riciclo, deteniamo il primato di 4 euro di Pil per ogni chilogrammo di risorsa consumata, contro una media europea di 2,2 e valori fra 2,3 e 3,6 degli altri partners.
“In Italia – spiega Ermete Realacci, presidente di Symbola – la Green Economy incrocia innovazione, qualità e bellezza. Una sintonia fra identità e istanze del futuro che negli anni bui della crisi è diventata una reazione di sistema; una sorta di missione produttiva indicata dal basso, spesso senza incentivi pubblici, da una quota rilevante delle nostre imprese. Si tratta, indubbiamente, di una scelta coraggiosa e vincente”.
Luca Grimaldi