Mentre Matera si prepara a diventare Capitale europea della Cultura nel 2019, e tutta la Basilicata beneficia del boom turistico alimentato dall’attesa di questo evento internazionale, l’Eni dà l’assalto alla Val d’Agri con le sue trivelle petrolifere. A danno dell’ambiente e a rischio della salute della popolazione. Sembra quasi di assistere alla replica dell’operazione analoga che qualche anno fa mise in subbuglio il Val di Noto, scrigno del barocco siciliano.
Compresa fra i monti Sirino e Volturino, in provincia di Potenza, la Val d’Agri è una sub regione lucana che prende nome dal fiume Agri e ha una superficie di 1.405 chilometri quadrati. I primi giacimenti petroliferi in quest’area, considerata il giacimento su terraferma più grande d’Europa, furono scoperti già nella prima metà del Novecento. Ma lo sfruttamento è iniziato solo negli Anni Ottanta e oggi fornisce circa il 10% del fabbisogno nazionale.
Da tempo, però, la popolazione è insorta contro l’Eni (originariamente acronimo di Ente nazionale idrocarburi) in difesa dell’ambiente e della salute. Tant’è che ora il Gruppo petrolifero pubblico, fondato dallo Stato nel 1953 sotto la presidenza di Enrico Mattei, ha deciso di promuovere una controffensiva anche sul piano mediatico finanziando il mensile Orizzonti, idee dalla Val d’Agri, commissionato a Mario Sechi, già direttore del quotidiano romano Il Tempo. L’obiettivo è quello di informare l’opinione pubblica locale per convincerla che l’attività di estrazione non sporca e non inquina.
Fatto sta che il petrolio è notoriamente un combustile fossile nocivo e peraltro in via di esaurimento. Questa è l’era delle energie alternative, rinnovabili, “pulite”, come il sole e il vento. E ormai perfino la produzione automobilistica si va orientando sempre più verso i veicoli ibridi o elettrici. L’operazione dell’Eni, insomma, va contro la storia oltreché contro il turismo e lo sviluppo sostenibile.
Nella vicenda, non manca neppure un “giallo”. E in questo caso non riguarda i colori della bandiera con il cane a sei zampe della compagnia petrolifera. Nei mesi scorsi, il giornale di Bari La Gazzetta del Mezzogiorno, che pubblica anche due edizioni quotidiane di Potenza e Matera, ha dato notizia del ritrovamento di un memoriale autografo di Gianluca Graffa, ingegnere ed ex responsabile del Centro oli di Viggiano (PZ), morto suicida nell’agosto 2013 in circostanze misteriose. “Mi è stato imposto di tacere”, ha lasciato scritto fra l’altro il tecnico, descrivendo problemi tecnici nei processi di trattamento del petrolio estratto in Val d’Agri che sarebbero stati scoperti da un’inchiesta della magistratura, approdata nel 2016 ad arresti e sequestri d’impianti.
Interpellata dall’agenzia Ansa, la direzione dell’Eni ha parlato di «vicenda drammatica» e di «episodio molto triste». E in merito ai presunti “problemi tecnici” citati nel memoriale, l’Ente ha replicato: “Nel Centro oli sono sempre stati effettuati i necessari controlli e le verifiche ispettive già prima del 2012. Tutti gli interventi, non solo quelli sui serbatoi, sono stati gestiti sulla base delle evidenze tecniche e operative emerse nel corso degli anni. La documentazione degli interventi è stata da tempo presentata a tutti gli organi interessati, con i quali Eni collabora come sempre in maniera piena. Eni ha sempre condotto le proprie attività alla luce del sole, operando con totale trasparenza, e condividendo tutte le informazioni sulle attività, regolarmente autorizzate, in Val d’Agri”.
Antonio Sacco