Doveva essere “l’ottava meraviglia del mondo”. Ma ora il controverso Ponte sullo Stretto di Messina diventa un’”opera strategica nell’ottica della difesa europea e della Nato”. E in caso di guerra, la sua funzione sarà “fondamentale” per il passaggio di truppe e mezzi. Perciò la premier Giorgia Meloni e il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini hanno sottoscritto un documento, appena inviato alla Commissione di Bruxelles, definendo la realizzazione del progetto “imperativa e prevalente per l’interesse pubblico”.

A rivelare per primi questo passaggio sono stati due giornalisti di Repubblica, Alessia Candito e Antonio Fraschilla. L’espediente dovrebbe servire al governo italiano per aggirare o eludere le norme in materia di impatto ambientale, accelerando l’esecuzione dell’opera e inserendo i relativi costi (14-15 miliardi di euro) nelle spese per la difesa. Un escamotage, insomma, che minaccia di ripercuotersi sulla sicurezza dei cittadini e sulle casse dello Stato.
Protesta il verde Angelo Bonelli, leader di Avs: “Vogliono approvare un progetto che non ha le verifiche sismiche dovute”. E, in polemica aperta con Meloni e Salvini, annuncia una denuncia al Cipess, l’organismo a cui spetta dare il via libera definitivo: “Ho trasmesso una diffida formale affinché il Cipess non diventi complice di una forzatura politica vergognosa”.
Sull’onda di questa iniziativa, sono scesi in campo anche il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle. Contro “il Ponte del riarmo”, si schiera l’ex premier Giuseppe Conte: “E’ uno stratagemma per forzare e accelerare la realizzazione dell’opera nonostante le già segnalate criticità sul piano ambientale e sismico”. Ironizza Annalisa Corrado, eurodeputata del Pd e responsabile della Conversione ecologica nella segreteria nazionale: “Forse Meloni e Salvini hanno nostalgia dell’infanzia, quando passavano i pomeriggi a giocare s Risiko”. E contesta la contraddizione che “il Ponte servirebbe in caso di calamità naturale, visto che l’area è soggetta ad alto rischio sismico e idrogeologico”.
In nome della guerra e del riarmo europeo proposto da Ursula von der Leyen, il progetto del Ponte sullo Stretto riprende dunque vigore, per cercare di spazzare via in un colpo solo tutti i dubbi, le riserve e le criticità che non sono state tuttora risolte. “In un contesto internazionale in cui la situazione della sicurezza si è deteriorata per molteplici fattori geopolitici, compresa la crescente instabilità in aree come i Balcani, il Medio Oriente, il Nord Africa e il Sahel, il Ponte diventa cruciale”, si legge ancora nel documento governativo. In uno scenario del genere, insomma, assisteremmo a uno secondo sbarco degli alleati in Sicilia e poi a un trasloco delle truppe Nato nel Continente. E dire che si tratta di un simbolo per antonomasia di dialogo e di pace: tanto da dare nome alla figura del Sommo Pontefice, “costruttore di ponti”, il capo della cristianità e della Chiesa cattolica.
All’inizio dell’anno, il 5 gennaio scorso, Amate Sponde ha pubblicato un articolo intitolato “Il Ponte della Cuccagna” (https://www.amatesponde.it/il-ponte-della-cuccagna/). E “Il bluff del Ponte”, avevamo già titolato il 9 aprile 2024, pubblicando il testo integrale dello studio (53 pagine) con cui il Comitato scientifico aveva smontato il progetto sullo Stretto di Messina e segnalato ben 69 punti critici (https://www.amatesponde.it/il-bluff-del-ponte/). “Il bluff del Ponte che non serve”, è stato il titolo dell’articolo a firma dell’economista Gianfranco Viesti, apparso il 3 gennaio sul Fatto Quotidiano. Con la competenza e l’autorevolezza che gli vengono comunemente riconosciute, il professor Viesti analizzava le ragioni tecniche e geografiche che – a suo avviso – “dovrebbero far comprendere che i 15 miliardi (almeno) per questa grande opera potrebbero essere investiti in progetti più utili ai collegamenti Nord-Sud”. Uno spreco di Stato, dunque, per un’opera che rischia di restare incompiuta.
A suo parere, “puntando tutto e solo sul Ponte, tantissimi siciliani e calabresi resterebbero comunque isolati; impossibilitati, come sono ora, a raggiungere le stazioni delle città”. A sostegno della sua tesi, da docente di Economia applicata presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Bari, Viesti citava il “Rapporto Pendolaria” di Legambiente, per la quantità di fatti e di dati che offre. Un esempio per tutti: “Fra Caltagirone e Catania ci sono solo due treni al giorno, che impiegano circa due ore per percorrere gli scarsi 80 chilometri che le separano”. E dunque, “il Ponte avrebbe il paradossale effetto di rinviare molti miglioramenti a un futuro imprecisato”.