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IL PONTE DELLA CUCCAGNA

“Il bluff del Ponte”, abbiamo titolato il 9 aprile 2024 su Amate Sponde, pubblicando il testo integrale dello studio (53 pagine) con cui il Comitato scientifico aveva smontato il progetto sullo Stretto di Messina e segnalato ben 69 punti critici (https://www.amatesponde.it/il-bluff-del-ponte/). E “Il bluff del Ponte che non serve”, è il titolo dell’articolo a firma dell’economista Gianfranco Viesti, apparso il 3 gennaio sul Fatto Quotidiano. Con la competenza e l’autorevolezza che gli vengono comunemente riconosciute, il professor Viesti analizza le ragioni tecniche e geografiche che – a suo avviso – “dovrebbero far comprendere che i 15 miliardi (almeno) per questa grande opera potrebbero essere investiti in progetti più utili ai collegamenti Nord-Sud”. Uno spreco di Stato, dunque, per un’opera destinata probabilmente a restare incompiuta.

Il modellino del Ponte sullo Stretto di Messina

Perché il Ponte sullo Stretto – secondo l’economista – non è una buona idea? “Tanto per cominciare – risponde l’autore dell’articolo – ci sono ancora dubbi tecnici sulla fattibilità dell’opera, che ha caratteristiche che non si trovano in nessun altro caso al mondo”. E cioè: la lunghezza della campata unica (3.600 metri di cui 3.300 sospesi nel vuoto contro il record attuale di 2.023); la sismicità dei luoghi interessati; l’altezza del Ponte sul mare (due torri alte 399 metri); l’impatto dei venti che attraversano lo Stretto.

“Le grandi opere – osserva Viesti – possono avere un notevole fascino simbolico (si pensi all’Autostrada del Sole) nella vita di una comunità nazionale: ma solo se e quando si completano”. E lui stesso aggiunge: “In Italia sono già molte le dighe senza condotte, i binari senza treni”. Il peggio è che esiste “il rischio tangibile che il Ponte alla fine non si faccia, ma vengano intanto assicurati alle imprese coinvolte grandi benefici economici anche in caso di mancato completamento”. Una specie di “albero della cuccagna”, insomma, per tutti coloro che a vario titolo parteciperanno a questo progetto.

Ma, pur ipotizzando che i dubbi di carattere tecnico vengano risolti e superati, resta comunque il problema economico, con la domanda “sarebbe bene farlo?”. Risponde il professo Viesti: “Un elemento fondamentale di cui tenere conto è il suo costo: al momento quasi 15 miliardi, ma destinati assai verosimilmente a crescere molto; e che non si aggiungono ad altri interventi infrastrutturali, ma che in larga misura li stanno sostituendo”. Tuttavia, secondo l’economista, la vera domanda non è “sì o no al Ponte”, ma piuttosto “quale è il modo più opportuno di spendere 15 miliardi a vantaggio della Sicilia, della Calabria e quindi dell’intero Paese?”.

A suo parere, “puntando tutto e solo sul Ponte, tantissimi siciliani e calabresi resterebbero comunque isolati; impossibilitati, come sono ora, a raggiungere le stazioni delle città”. A sostegno della sua tesi, da docente di Economia applicata presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Bari, Viesti cita il “Rapporto Pendolaria” di Legambiente, per la quantità di fatti e di dati che offre. Un esempio per tutti: “Fra Caltagirone e Catania ci sono solo due treni al giorno, che impiegano circa due ore per percorrere gli scarsi 80 chilometri che le separano”. E dunque, “il Ponte avrebbe il paradossale effetto di rinviare molti miglioramenti a un futuro imprecisato”.

Il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini

In polemica indiretta con l’euforia del ministro dei Trasporti Matteo Salvini, per Viesti il progetto del Ponte sullo Stretto è l’esatto contrario di un confronto collettivo che all’insegna della trasparenza dovrebbe coinvolgere l’intera comunità interessata. L’economista elenca, infine, le incognite che gravano come un’ipoteca sul progetto: “La retorica degli annunci roboanti, l’inganno della soluzione facile, la ricerca del consenso immediato, l’ombra del grande intervento che oscura le difficoltà quotidiane di milioni di persone, l’opacità dei processi, gli interessi nascosti”.

Il rendering del Ponte sullo Stretto di Messina

Da registrare, in contemporanea, un dossier di Claudia Benassai e Fabrizio Bertè pubblicato sul settimanale L’Espresso sotto il titolo “Il Ponte che divide”. Un’opera della discordia su cui, a loro avviso, “piovono soldi e contenziosi”. Secondo i due giornalisti, “con la previsione di altri 1,5 miliardi il conto sale a 13,6, mentre parte il ricorso al Tar degli ambientalisti sulla valutazione di impatto naturalistico nell’area”. E loro stessi riferiscono la “levata di scudi contro l’opera compensativa prevista dalla società dello Stretto di Messina che punta a creare un lago per l’area di sosta degli uccelli migratori”, considerata dagli ecologisti “inutile e dannosa”.

Per riassumere: un Ponte “che non serve”, come dice Viesti. Ad alto rischio sismico. Troppo costoso. Di forte impatto ambientale. E, al momento, non si sa neppure se si farà mai.

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