L’Italia si arricchisce di un nuovo sito Unesco – Patrimonio mondiale dell’Umanità, il 60esimo a livello nazionale e il quinto per la Puglia. Si tratta della Via Appia antica che collegava Roma, Caput mundi, con Brindisi. E’ stato il Comitato del patrimonio mondiale a sancirlo, nella riunione dell’assemblea plenaria tenuta lunedì 29 luglio a Nuova Delhi.
La Regina viarum – come si può leggere sull’enciclopedia online Wikipedia – ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo economico, politico e culturale del territorio, facendo da ponte con le terre del Mediterraneo. E rappresenta tuttora un elemento di grande attrattiva sul piano turistico e archeologico. Realizzata tra la fine del IV secolo e il III secolo a.C., in origine collegava Roma a Capua. Nei secoli successivi, fu prolungata fino a Brindisi, uno dei porti più importanti dell’Italia antica per le rotte commerciali verso la Grecia e l’Oriente. Larghi tratti della strada, particolarmente nel suburbio della Capitale, sono ancora oggi conservati e percorribili nonché meta del turismo archeologico.
La storia della strada
I lavori per la costruzione iniziarono nel 312 a.C. per volere del censore Appio Claudio Cieco, esponente della gens Claudia), che fece ristrutturare e ampliare una strada preesistente che collegava Roma ai Colli Albani, prolungandola fino a Capua, da alcuni anni posta sotto il controllo romano. Alla metà del III sec. a.C. il tragitto fu esteso fino a Maleventum, in cui erano stati da poco dedotti coloni romani, che nello stesso periodo mutò il nome in Beneventum (Benevento). I lavori di costruzione si protrassero durante la seconda metà del III sec. a.C., quando fu raggiunta Taranto). E poi, intorno al 190 a.C., epoca in cui fu completato il percorso fino al porto di Brundisium (Brindisi): qui sotto, la foto delle colonne che segnano la fine della strada.
La funzione primaria del tracciato era di garantire un rapido movimento delle truppe verso l’Italia meridionale, al fine di consolidare il dominio di Roma sulla parte meridionale della Penisola. Fin dal principio, tuttavia, l’Appia divenne una fondamentale via di commercio, agevolando l’afflusso nell’Urbe di prodotti di alto artigianato realizzati nelle fiorenti città della Magna Graecia.
L’accorciamento dei tempi di viaggio tra Roma e i grandi centri del Meridione, nonché la maggiore comodità e sicurezza del percorso, determinarono in breve una grande apertura dei ceti abbienti della società romana verso la cultura greca: nei decenni successivi alla costruzione della strada, si diffusero gradualmente a Roma il teatro e la conoscenza della lingua greca, dell’arte, della letteratura e della filosofia elleniche.
La strada fu restaurata e ampliata durante il governo degli imperatori Augusto, Vespasiano, Traiano e Adriano. Tra il 108 e il 110, Traiano fece realizzare anche una diramazione denominata via Appia Traiana, che da Benevento raggiungeva Brindisi attraversando l’Apulia, con un nuovo percorso in gran parte pianeggiante vicino alla costa..
Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente (476), la mancanza di manutenzione provocò l’abbandono graduale di segmenti del percorso, sostituito ormai dalla via Traiana. Nel 535, tuttavia, lo storico bizantino Procopio la descrisse ancora in buono stato di conservazione.
Negli anni tra il 1950 e il 1960, lungo il tratto iniziale della via, si realizzarono alle porte della Capitale ville esclusive che divennero residenza dell’alta società. Le necessità di tutela del patrimonio storico-archeologico e paesaggistico legati alla strada antica portarono nel 1988 all’istituzione del Parco regionale dell’Appia antica, anche allo scopo di preservare dalle speculazioni edilizie il territorio attraversato dalla strada.
Ampi tratti della strada sono ancora conservati nel Lazio, in Campania, in Basilicata e in Puglia. In parte tracciato stradale è tuttora in uso per il traffico automobilistico (come nell’Agro Pontino).
Tecniche di realizzazione
La strada fu costruita con estrema perizia e precisione, impiegando il massimo delle conoscenze tecnologiche e ingegneristiche disponibili all’epoca, tanto da essere percorribile con ogni tempo e mezzo. Sullo sterrato gli agenti atmosferici, primo fra tutti la pioggia, in alcuni periodi dell’anno ostacolavano il cammino dei mezzi su ruote. Ma l’originaria pavimentazione in pietrisco facilitava la circolazione in qualunque condizione, favorendo il drenaggio dell’acqua attraverso gli strati inferiori in cui le pietre erano interrate.
Con un percorso il più possibile rettilineo e una larghezza di circa 4,1 metri (14 piedi romani), misura che permetteva la circolazione nei due sensi di marcia, affiancata sui lati da marciapiedi, la strada si meritò ben presto l’appellativo di regina delle strade. Sulla Via Appia apparvero per la prima volta le pietre miliari.
Il Parco regionale e il Parco archeologico
Per l’interesse storico e la mole dei beni archeologici presenti lungo la via antica, durante il XX secolo è stata proposta più volte l’istituzione di un’area protetta, che permettesse di preservare e fruire di tali ricchezze: celebri furono le battaglie promosse da Antonio Cederna, giornalista del settimanale L’Espresso. A compimento di tale percorso, il 10 novembre 1988 è stato istituito il Parco regionale dell’Appia antica, che si estende su un’area di circa 4.580 chilometri quadrati e ricade nei comuni di Roma, Ciampino e Marino. Con il territorio del Parco regionale, coincide di fatto il Parco archeologico dell’Appia Antica, istituito nel 2016, per tutelare e valorizzare i monumenti antichi dell’area.