Casa verde, seconda edizione. Fine delle caldaie a gas dal 2025. Taglio dei consumi domestici (-16%) entro il 2030. Stop dei combustibili fossili dal 2040.
In nome dell’efficienza energetica, e del contrasto al cambiamento climatico, il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva la nuova direttiva sulla “casa green”, con 370 voti a favore, 199 contrari (tra cui i rappresentanti di FdI, Lega e Forza Italia) e 46 astenuti. Ora manca solo la ratifica del Consiglio d’Europa, in rappresentanza dei Paesi membri. Il provvedimento dovrà essere recepito entro due anni.
Le ristrutturazioni partiranno dalle abitazioni meno efficienti. In Italia, si stima che nei prossimi anni dovranno essere riqualificati cinque milioni di immobili. Ma la maggiore novità è che i singoli Stati dovranno preparare i piani di ristrutturazione, predisponendo anche le risorse necessarie. Gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero.
Rispetto alla prima versione della direttiva, in cui si stabiliva una soglia minima di prestazione energetica da raggiungere entro il 2030 (classe E) ed entro il 2033 (classe D), viene introdotta una maggiore flessibilità: non sarà più Bruxelles a fissare i target dei piani di ristrutturazione, ma ciascun Paese dovrà preparare il suo decidendo su quali tipologie di abitazioni concentrarsi. Il provvedimento impone, però che “almeno il 55% della riduzione del consumo di energia primaria venga raggiunto attraverso il rinnovo degli edifici più energivori”.
In questa categoria, rientra il 43% di quelli con le prestazioni più basse nel patrimonio immobiliare nazionale. Ed è un obiettivo che riguarda in particolar modo il nostro Paese. In Italia, secondo i dati Istat, gli edifici residenziali sono circa 12 milioni: ciò significa che cinque milioni di questi saranno considerati prioritari. Sono previste, tuttavia, alcune deroghe. Potranno essere esentati gli immobili sottoposti a vincolo puntuale o a vincolo d’area, come quelli dei centri storici o dei parchi; quelli dedicati a scopo di difesa; quelli provvisori e religiosi; quelli sotto i 50 metri quadrati.
Resta da sciogliere il nodo delle risorse: chi pagherà questi interventi? E che cosa accadrà se i proprietari privati non saranno in grado di provvedere? C’è già chi invoca un fondo europeo per la transizione ecologica. E anche chi chiama in causa meccanismi strutturali sul tipo del controverso superbonus 110%. Calcolando che gli interventi potranno andare dai 22mila ai 55mila euro, sarà necessario che il governo eroghi incentivi pubblici. Ma è facile prevedere fin d’ora che, all’atto pratico, non tutti gli obiettivi fissati dalla direttiva saranno realizzabili.
Non è un mistero che l’Italia ha il parco immobiliare più vecchio d’Europa. E quindi, il nostro Paese sarà interessato più degli altri dall’applicazione di questo provvedimento. Si tratterà di conciliare le esigenze della transizione energetica, in difesa dell’ambiente e del clima, con quelle della salute collettiva e delle disponibilità economiche. Più che una spesa, insomma, questo deve diventare un investimento nell’interesse generale della collettività. Lo Stato sarà chiamato, dunque, a fare la sua parte.