Che cos’hanno in comune la pista di bob da costruire per le Olimpiadi invernali 2026 a Cortina (foto principale) il ponte sullo Stretto di Messina? La distanza fra le due località, da un capo all’altro della Penisola, è di quasi mille chilometri. Ma, secondo Mario Tozzi, geologo, divulgatore scientifico e conduttore televisivo (nella foto sotto), c’è un filo invisibile che le collega: ed è, come denuncia in un’analisi pubblicata sul quotidiano La Stampa, quello dei “predatori di futuro che divorano l’Italia”. Cioè, degli scempi e degli sprechi che devastano il Malpaese.
“È una questione – spiega Tozzi – che va tenuta insieme alla distruzione della fauna selvatica, all’incapacità di foraggiare e rilanciare i parchi e la tutela dell’ambiente, all’asservimento delle grandi opere inutili come unico rilancio dello sviluppo e, infine, all’ignoranza dell’integrazione contenuta nei nuovi articoli 9 e 41 della Carta costituzionale”. Il primo, oltre a sancire che “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”, aggiunge anche che “tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. L’articolo articolo, dopo aver stabilito che “l’iniziativa economica privata è libera”, avverte però che questa “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
A proposito della pista per le Olimpiadi a Cortina, l’autore dell’articolo ricorda che “c’è una pista già costruita in territorio austriaco a un’ora di auto, c’era la pista di Cesana (costruita nel 2005 in Piemonte, non utilizzata e vero monumento allo spreco) e si potevano valutare alternativa ambientali, se ci fosse stata una valutazione di impatto che non c’è stata”. Da qui, colate di cemento e taglio a raso dei boschi per costruire un impianto che costerà circa 120 milioni di euro, non si sa neppure se sarà finito in tempo per i Giochi Olimpici e che comunque non potrà essere convertito a nessun’altra destinazione d’uso pubblica, lasciando una “cicatrice” indelebile in quel territorio e nel suo ambiente naturale.
Analoga, secondo Tozzi, è la logica che muove i finanziamenti per la realizzazione di nuovi impianti di risalita sugli Appennini, in Abruzzo, dove fra l’altro la neve diventa di anno in anno più scarsa: tanto da indurre molti esercenti di seggiovie o funivie a utilizzare quelle piste per il trekking o per le mountain bike. Salvo poi danneggiare l’ambiente e attingere acqua per trasformarla in neve, incuranti della crisi climatica e dello zero termico. Qui il costo è di 200 milioni a fondo perduto.
“Ma è la stessa logica – incalza l’autore dell’articolo – del ponte sullo stretto di Messina (nella foto sopra), imperdonabile stornamento di miliardi di euro pubblici che andavano semmai investiti nel risanamento antisismico delle province di Reggio Calabria e Messina, non nello stravolgimento del paesaggio, nell’incremento del dissesto idrogeologico e nello sfregio culturale”. E aggiunge: “Per non dire della rete dei trasporti di Calabria e Sicilia: un’autostrada sospesa che unisce due mulattiere che non siamo nemmeno sicuri riuscirà a ospitare la linea ferroviaria ad alta velocità”. Un’opera faraonica, insomma, senza le piccole o grandi opere a terra che ancora mancano.
Da segnalare, infine, la notizia pubblicata dal Foglio secondo cui sarebbe “In arrivo un regalo per il Ponte”. Si tratta di una norma, spuntata all’ultimo momento nelle bozze del decreto-legge sul Pnrr, che “lasciando in vita oltre i termini previsti e prorogando vecchi provvedimenti di valutazione di impatto ambientale, anche parziali, per opere che non sono ancora partite, fa pensare a uno sconto con corsia preferenziale”. Esperti della materia sostengono che così non è. Ma altri esperti di diritto sostengono che non è neppure lontanamente pensabile una decisione sul ponte in regime di prorogatio, cioè con i poteri ridotti o indeboliti.