Architettura e politica. Innescata dal progetto di riqualificazione del Foro Italico a Roma, inaugurato nel 1932 sotto il nome di “Foro Mussolini”, la polemica investe il complesso sportivo monumentale costruito dal fascismo sul fiume Tevere. Qui si trovano lo Stadio Olimpico, dove giocano abitualmente le squadre di calcio della Roma e della Lazio; lo Stadio dei Marmi, dedicato all’atletica; il Parco del Foro Italico, con i campi da tennis e le piscine coperte e scoperte per le gare di nuoto.
L’innovativo progetto, ideato dall’ex ambasciatore Umberto Vattani, l’unico diplomatico a rivestire per due volte la carica di segretario generale della Farnesina dove ha sede il ministero degli Esteri (nella foto sopra), s’intitola “Roma, Distretto del Contemporaneo. Una nuova prospettiva per la Capitale”. Il suo scopo è quello di far conoscere e valorizzare i caratteri peculiari di un settore urbano che comprende appunto la Farnesina e si estende fino al quartiere Flaminio, in cui si trovano lo Stadio omonimo e il Palazzetto dello Sport (nella foto sotto), progettati dall’architetto Pier Luigi Nervi e dichiarati monumento nazionale; l’Auditorium firmato dall’archistar Renzo Piano; e il moderno museo Maxxi di Zaha Hadid.
Quest’area, ricca di viali, spazi alberati, parchi e giardini, comprende un nucleo di importanti opere architettoniche realizzate sulle due rive del Tevere dalla prima metà del Novecento fino ai giorni nostri. Tra queste, numerose e imponenti statue “virili” di marmo che raffigurano varie discipline sportive. Una sorta di “museo diffuso”, insomma, che può arricchire ulteriormente il patrimonio storico di Roma e offrire anche una nuova attrattiva turistica.
Al centro del Parco, si erge un gigantesco obelisco in marmo di Carrara, alto 17 metri e mezzo, intitolato al duce con le scritte “Mussolini” e “Dux”. Nel 2015, la proposta di rimuoverle avanzata dall’ex presidente della Camera, Laura Boldrini, fu osteggiata da diversi storici e periti architettonici rimanendo senza seguito. Ora le polemiche si riaccendono intorno al progetto presentato da Vattani, sostenuto e promosso dal ministero degli Esteri. E naturalmente, si colorano di tinte politiche in presenza del governo di centrodestra presieduto da Giorgia Meloni.
Il tema di discussione è quello della mancata “defascistizzazione” delle città italiane, a cominciare proprio dal Lazio, dalla Capitale fino a Latina. Nell’introduzione a un libro intitolato Il Foro Italico. Da ieri a domani, corredato da un album fotografico di Paolo Rosselli, l’architetto e urbanista Luca Zevi parla di “condanna sommaria dei primi decenni del primo Dopoguerra”, pur mettendo in guardia dal rischio dell’agiografia del fascismo. Eppure, si tratta della revisione di un complesso monumentale che tocca un nervo ancora scoperto della storia nazionale.
Osserva Fulvio Irace in un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore, il quotidiano della Confindustria, distinguendo da altre operazioni analoghe realizzate all’estero: “La differenza – e la peculiarità della condizione italiana – sta proprio Nel diverso grado di impegno culturale dei suoi artefici con la propaganda del Regime: i mosaici di Severini che alternano alla ripetizione delle scritte Dux le agili figure di atleti e nuotatori, hanno la grazia di antichi mosaici romani e, fuor di retorica, la snella eleganza delle figure a fondo nero dei crateri greci”. È lo stesso autore, tuttavia, a scrivere: “Indubbiamente va riconosciuto che il Foro Italico è la rappresentazione di un mondo profondamente maschilista, dove non a caso gli eroi dello sport sono solo uomini senza alcuno spazio per le donne, senza riguardo per alcun tipo di disabilità”.
Che fare, allora? “Invece di cancellare il passato – risponde Irace – bisognerebbe aumentare la memoria”. E cioè, come s’è già fatto in passato per lo Stadio Olimpico, “tornare a chiedere la collaborazione di artisti capaci di riportare i segni di una nuova sensibilità per rendere omaggio alla storia di oggi senza mortificare quella di ieri”. In conclusione, secondo l’articolista, “defascistizzare l’eredità del Ventennio non vuol dire cancellarne le tracce, ma ricondizionarne i miti facendoli confrontare con quelli del nostro secolo”.