L’autostrada è pronta da un anno, è lunga 12 chilometri, ma finisce…in campagna. Il nastro d’asfalto della Tirreno-Brennero (Ti-Bre) che va da casello Parma Ovest a Sissa Trecasali, nella bassa parmense, rimane vuoto, chiuso al traffico. E nessuno ha il coraggio di inaugurarlo.
È l’ennesima incompiuta del Malpaese. Un’altra opera inutile. Doveva collegare l’AutoCisa (A 15) con l’AutoBrenneo (A 12), ma ora che i lavori sono terminati rischia di diventare un monumento al consumo di suolo e alla spreco di denaro pubblico. Lo denuncia su “X” il verde Angelo Bonelli, postando alcune foto che documentano questo scempio: “Viadotti costruiti sulle aree golenali del fiume Taro. Un’autostrada inutilizzata che ha distrutto ettari di suolo agricolo” (74 per la precisione).
A quanto risulta, mancherebbe qualche dettaglio tecnico per il collaudo. Ma nessuno dei promotori dell’autostrada se la sente di chiederne l’apertura. È la migliore dimostrazione che conferma l’inutilità di questa infrastruttura, come hanno sostenuto da sempre gli ambientalisti.
A loro parere, fin dall’inizio il progetto non aveva senso. Non serviva a trasportare merci e persone dal Tirreno al Brenno, ma in realtà aveva altri obiettivi. In primo luogo, quello di prorogare senza gara fino al 2031 la concessione di AutoCisa, assegnata al Gruppo Gavio che fa capo all’omonima famiglia e gestisce alcune delle principali infrastrutture portuali italiane. E anche la commessa per l’impresa costruttrice, la Pizzarotti di Parma, specializzata in opere inutili e inservibili come la pista da bob a Cortina d’Ampezzo per le Olimpiadi invernali 2026.
Altri 74 ettari di terreno fertile sono stati sottratti così all’agricoltura, sepolti sotto una colata di cemento. Finora, l’autostrada fantasma è costata 360 milioni di euro, più altri 150 per opere compensative mai realizzate. I costi sono stati sostenuti con l’aumento dei pedaggi di AutoCisa. Per completare il restante 90%, occorrono oltre tre miliardi a carico dello Stato. Ma i fondi mancano e vengono invocati in nome dello sviluppo come un alibi per giustificare lo scempio del territorio.
Commenta il Forum nazionale Salviamo il Paesaggio: “Viene immediato prendersela con le imprese. Ma i responsabili di questa vergogna di asfalto sono anche altri. Gli amministratori a tutti i livelli del partito bipartisan del cemento. Che hanno pervicacemente voluto questo pezzo di autostrada pur sapendo che non c’erano le risorse pubbliche per proseguire. E che hanno chiesto, invece di vere compensazioni ambientali, ulteriori strade, rotonde, viadotti, tangenzialine per flussi di traffico inesistenti”.