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EMERGENZA ULIVI / Stop al piano

Se non fosse un autentico dramma per l’ambiente, per il territorio e per il paesaggio pugliese, e quindi per l’agricoltura e per il turismo, si potrebbe anche dire che sta diventando una farsa. La “peste degli ulivi” che ha colpito il patrimonio di alberi secolari in Salento minaccia ora di estendersi al resto della regione. Ma il peggio è che l’epidemia prodotta dal batterio-killer rischia di assumere contorni grotteschi sul piano burocratico e giudiziario, come accade spesso alle vicende dei beni ambientali e culturali italiani.

Il commissario delegato all’emergenza, Giuseppe Silletti, aveva fatto appena in tempo ad annunciare che “il vettore della Xylella è stato efficacemente combattuto nella misura straordinaria dell’80 per cento dei casi”, che il Tar del Lazio – competente sul territorio nazionale – ha pensato bene di sospendere il Piano d’intervento, predisposto per combattere il rischio fitosanitario. I ricorsi accolti dal Tribunale amministrativo contestavano la delibera del Consiglio dei ministri che aveva dichiarato lo stato d’emergenza e disposto le misure per fronteggiarlo. In realtà, questi provvedimenti nazionali erano stati assunti per attuare la Decisione di esecuzione della Commissione europea: e cioè, l’abbattimento degli alberi malati o sospettati di esserlo, ma anche di tutte le piante nel raggio di cento metri dall’ulivo infetto. Per completare il quadro, la magistratura ordinaria ha deciso di indagare perfino sui tecnici chiamati a indagare sulla strage nei campi, alimentando così un sentimento generale d’incertezza e di sfiducia.

“Può anche darsi che tra i professori ci siano invidie e rivalità – ha scritto Giuseppe De Tomaso, direttore della Gazzetta del Mezzogiorno, il quotidiano interregionale di Puglia e Basilicata – che sabotano il gioco di squadra. Può anche darsi che nel gruppo degli ambientalisti ci siano fondamentalisti adusi a dire no a tutto e a tutti. Ma non si può assistere impassibili e inerti di fronte a questo stato di cose che rischia di sfociare in un irrimediabile cupio dissolvi. È in gioco la Puglia del futuro, non solo la Puglia del 2015”.

Nel rimpallo delle responsabilità e delle decisioni, infatti, il Tar è sceso in campo contemporaneamente contro il governo e contro l’Ue, in attesa che venga completato l’iter della Commissione europea che prevede misure più rigide. Ancora una volta, insomma, la giustizia italiana ha steso la sua ragnatela di carta bollata, bloccando un intervento che stava cominciando già a dare i suoi frutti. Di fronte all’emergenza, è scattata una comprensibile reazione di difesa da parte dei produttori e degli stessi ambientalisti, ma il pericolo è che la “peste degli ulivi” si propaghi a tutta la regione e anche oltre i suoi confini.

Non c’è dubbio che si tratta di un inestimabile patrimonio naturale, da cui dipendono la produzione agricola pugliese, la tutela del paesaggio e quindi lo sviluppo del turismo. E ancor più e ancor prima, la stessa identità sociale e culturale di una regione. Eppure, senza entrare nel merito di valutazioni tecniche che presuppongono competenze specifiche, è chiaro che anche in questo caso la “riduzione del danno” s’impone come una necessità: per salvare gli ulivi sani, occorre sacrificare quelli malati per poi magari sostituirli e rimpiazzarli.

 

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